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Ironman Hawaii 2014: la nottata degli ironman, live from Kona!

La festa della finish line dell'Ironman Hawaii 2014

La festa della finish line dell’Ironman Hawaii 2014

A partire dalle 18 di sabato 11 ottobre e poi tutto d’un fiato sino a mattina inoltrata di domenica 12, si è consumato anche quest’anno il rito, sacro per ogni triatleta, della nottata dedicata alla visione della gara simbolo del nostro sport, l’Ironman Hawaii 2014.

L’Ironman Hawaii è la gara che personalmente mi ha fatto scoprire ed innamorare del triathlon, alla fine degli anni ’80, mi pare su Telemontecarlo, oltre che ovviamente grazie al mitico Magnum P.I.: nuotobicicorsa, le immagini della marea umana in Oceano, in bici negli infiniti campi di lava, l’arrivo di corsa in Ali’i Drive tra due “Ali’i” di folla festanti, Mark “The Grip” Allen e Dave “The Man” Scott

L’ombelico del triathlon, il fulcro del nostro mondo fatto di sudore, passione e gioia. E una macchina organizzativa spaventosa, quella della WTC (World Triathlon Corporation) che nel corso di 36 anni ha costruito un impero fatto di eventi in tutto il mondo a cui partecipano ogni anno oltre 110.000 sportivi!

Piccolo inciso, ci tengo: non si capisce per quale motivo ci si debba ritrovare a discutere su questo punto (mi capita spesso sui campi gara in Italia), come se chi organizza un evento in ambito sportivo debba farlo esclusivamente come dono per la collettività, in offerta al popolo degli sportivi; come se fosse una cosa sbagliata, ingiusta, sporca addirittura trarre profitto e guadagnare organizzando nello specifico una gara di triathlon, ovvero avere la giusta ricompensa per il lavoro svolto.

Ma in effetti non è di questo che voglio raccontarvi, bensì dell’amore a prima vista che ho provato per il triathlon e che continuo a vivere, e che mi ha spinto come di consueto anche sabato scorso, a metà pomeriggio, a prepararmi “come si deve” per il Big Event di Big Island, dopo aver passato una piacevole mattinata all’Aspria Harbour Club Milano, speaker di un bel triathlon sprint.

Fiero di sentirmi un po’ “fantozziano” in questo caso. Senza piattone di pasta e birrozza, ma super attrezzato per guardare (e fare il report in presa diretta) dell’Ironman Hawaii World Championship 2014: sala rivoluzionata con riposizionamento di tavolo e divano per visione in prima fila, con portatile on line sul sito ironman.com per lo streaming live da Kona, ovviamente collegato al televisore per visione su maxischermo, e altro portatile su fcz.it, live tracker e blog di ironman.com e i vari social…

Si certo, sono emozionato e non vedo l’ora di schiacciare il tasto play della diretta video, ma c’è poco da fare, senza dubbio vorrei in realtà essere lì a respirare quella incredibile atmosfera.

In effetti, riflettevo sul fatto che relativamente a un viaggetto sulla magica isoletta del triathlon, ho ben tre sogni da realizzare: esserci come reporter (e mi sto attrezzando per il 2015); esserci come speaker per affiancare il mitico Mike “The voice of Ironman” Really (entro i 50 anni!); esserci come triatleta (e qui le strade son tre, lotteria e botta di c… fortuna, legacy e altra botta oppure ci rivediamo da M85, sperando di essere l’unico in categoria!).

Ma sono invece seduto davanti a tre schermi e l’adrenalina va in circolo, sono le 18.24, tutti in acqua, manca un minutino solo per il colpo di cannone!

Parte il conto alla rovescia, chissà cosa frulla nella testa degli oltre 2.000 entusiasti triatleti che stanno per cominciare il loro lungo viaggio e tra loro i nostri 18 valorosi azzurri…

Penso ai miei due carissimi amici, Elisa e Daniele, in veste di reporter di FCZ.it e Triathlonpoint.com (grazie ragazzi, di cuore!): nei giorni precedenti e poi anche durante tutta la giornata di gara, mi hanno sommerso di video e foto che mi facevano ogni volta sobbalzare sulla sedia. Con desiderio irrefrenabile di mettere tutto on line perché quanta più gente possibile si potesse rendere conto di quanto è fantastico il nostro sport e di quanto è unica Kona nei giorni del Mondiale Ironman.

Boom! Partiti!

Ascolto Greg Welch, Matt Lieto e Michael Lovato che ci raccontano la gara e ci propongono interviste graditi ospiti, tra cui il grande campione spagnolo Javier Gomez, che un giorno son certo sarà lì anche lui nella bolgia e ci mostrerà ancora una volta tutto il suo immenso talento.

L’Oceano da affrontare, con un’onda fastidiosa, eppure davanti filano come missili. Il tempo è più alto del solito, ma ecco dopo 50 minuti ci siamo, il più veloce sui gradini del Kailua Pier è, manco a dirlo, Andy Potts, quello che nuota forte e corre piano… Lo vedremo poi quanto corre piano…

Accanto a lui il tedescone Jan Frodeno. Il mio pronostico dice Frodissimo, il campione olimpico di Pechino 2008 lo vedo proprio determinato, vuole ottenere un solo risultato, la vittoria iridata.

La transizione è infinita, una lunga corsa e poi finalmente si comincia a pedalare. Bici e caschi spaziali, una passerella dei modelli che più fanno venire l’acquolina in bocca a ogni triatleta.

Continuano a scorrere le immagini dell’uscita dall’acqua ed ecco che arrivano le prime ragazze, Jodie Swallow, Meredith Kessler ed Amanda Stevens.

Ma ormai l’attenzione è già sui campi di lava e sulla fila indiana che si sfilaccia sempre di più dei PRO. Fabbri che menano sulle pedivelle in mezzo a folate di vento da farti capottare.

Dopo pochi minuti arriva l’atteso protagonista del momento, puntuale davanti a tutti arriva Andrew “I’mamotorbike” Starykowicz: non gli interessa vincere, sa bene che ha ben poche speranze in tal senso, ma lui vuole fare il nuovo record in bici e si mette a spingere come un animale, qual è d’altra parte (sportivamente parlando!).

Ma stavolta le cose non vanno come Andrew vorrebbe, non c’è nessuna fuga solitaria, non fa il vuoto, rimane lì davanti. Si, alcuni perdono contatto, ma non tutti. E per lui prima del giro di boa di Hawi arriverà purtroppo un mesto ritiro.

Via Stary e subito via libera per un altro che in bici se la cavicchia… Sebastian “The Machine” Kienle.

Nei giorni precedenti Seby l’ha detto chiaro:

«Sono qui per vincere».

E allora via a spazzare il vento e a mettere metri su metri tra sé e i suoi inseguitori. Dietro intanto succede di tutto, tra cui anche un penalty per il nostro Daniel Fontana: da lì in avanti praticamente gara finita per l’azzurro, ma il suo cuore non lo farà mollare sin dopo la finish line.

Così come non molla nulla Frodissimo, nonostante due colpi di scena teatrali: il primo quando lo vediamo fermarsi a bordo strada per una foratura. Ma dopo poco il tracker e la voce di Welch ce lo ridanno già lì nel “gruppo” dei primi. Poi arriva la penalità anche per lui, 4 minuti fermo in tenda. Questo colpo è un po’ più duro, ma Jan va avanti come un panzer per la sua impervia e non granché fortunata strada.

Intanto c’è un’altra ragazza, anche lei di lingua tedesca, che sta mettendo a ferro e fuoco la prova femminile: si tratta della strabiliante Daniela Ryf che quest’anno ha vinto tutto quello che c’era da vincere, anche il torneo di Ramino alla festa dell’Oratorio di Soletta, suo paese natale.

Dall’elicottero e dalle moto sul percorso ci arrivano le immagini da togliere il fiato dei triatleti impegnati in sella; così anche una gara di 8 ore e spicci (per vedere arrivare il primo) può diventare appassionante e tenerti attaccato allo schermo. Non per niente, più volte il film che la NBC produce al termine della gara ha vinto negli anni passati (e continuerà a farlo) premi su premi.

Ma non sono solo le immagini, ci sono i commenti, via forum, social, whatsapp, sms, segnali di fumo e quant’altro, con gli amici, il pepe di questa succulenta prelibatezza che andrò avanti a gustarmi per tutta notte.

I telecronisti ci raccontano di un gran vento, piuttosto dispettoso, per non dire di peggio: spesso in faccia, poi al giro di boa gira e diventa laterale e lì son problemi per tutti, con diversi atleti, non tra i PRO, che cadono rovinosamente.

Ci racconterà al termine anche il nostro Alex Zanardi di aver rischiato grosso e di aver tenuto la sua carrozzina in strada a stento, costretto pure a tirare i freni, lui che della velocità è il re incontrastato. Ma di Alex racconterò più avanti.

Dietro Kienle spuntano il connazionale Maik Twelsiek e anche il belga Marino Vanhoenacker, uno che qui a Kona è arrivato sempre per fare il grande risultato e alla fine ha fatto (quasi sempre) il grande botto. Regola purtroppo rispettata anche in questo caso.

In agguato, qualche minuto più dietro, c’è anche il campione in carica Frederik Van Lierde, che a mo’ di gattone sta coperto e cerca di contenere i danni per poi piazzare la zampata vincente nella frazione amica, la maratona.

Si arriva così in T2, Seby fa il giro del mondo a piedi lungo tutta l’immensa zona cambio e comincia a correre con un ritmo davvero intenso. Arrivano i suoi inseguitori, a quasi 4′ Maik, a quasi 5′ Marino, Fred a più di 8′, Frodissimo a più di 12′.

Nonostante il vento, Seby ha impiegato 4:20:56 per chiudere i 180K, un crono quasi da record da queste parti. La sua sembra la gara fotocopia di un certo “Norminator“: 10 anni prima, edizione del 2004, il teutonico Stadler, poi due volte iridato, pedalò nello strabiliante crono di 4:18:23.

In effetti, senza nemmeno che me ne sia accorto, è già tempo dello spuntino di mezzanotte: per evitare pericolosi picchi glicemici (ma più che altro per la piomba che inducono post magnata), niente colossale spaghettata, mi limito a yogurt e un po’ di frutta. Triatleta inside 😀

Adesso in effetti la cosa diventa da ironman anche per noi spettatori. A quest’ora di notte la palpebra inevitabilmente tende comunque a calare, anche se la passione la tiene su. E d’altronde passione ha la sua radice in pathos, ovvero la sofferenza, il pane che noi triatleti farciamo di fatica e di cui ci cibiamo voracemente.

Dunque si va avanti, meno brillanti, ma sempre attenti.

Tra le donne Ryf si è fatta la sua gara di testa e ha messo tra sé e la rivale più pericolosa, la campionessa in carica Mirinda Carfrae, 14 minuti. Sembra un vantaggio piuttosto rassicurante. Sembra. Comincia la maratona per Daniela e la sua velocità di crociera dà come proiezione finale un crono di 3 ore, questo significherebbe che Rinny per rimontare dovrebbe correre sotto le 2 ore e 45… Roba da fantaironman?

Da qui in avanti incappo in qualche (due o tre, forse anche quattro) buchi neri, perdo qualche pezzettino di diretta qui e là e me la russo allegramente, ma poi mi si riaccende la luce e il filo della gara lo seguo senza problemi e sono pronto per la festa della finish line.

E più di me è pronto, lo si sente scaldare l’ugola, Mike Reilly: lo aspettano 2.000 «YOU are an IRONMAN!» da scandire diluiti nelle prossime 9 ore… Anche lo speaker deve essere di ferro a Kona, c’erano dubbi?!

L’emozione più grande in maratona arriva dalla gara femminile. Perché Daniela rallenta il suo ritmo e Mirinda invece sente il sangue della sua preda e le piomba addosso a bocca spalancata come uno squalo. Se la mangia in un boccone, letteralmente sverniciata. Ryf non riesce ad opporre nemmeno un minimo di resistenza. Che corsa spettacolare lo scricciolo australiano!

Ma ormai siamo pronti per accogliere il nuovo campione del mondo Ironman, è nel toboga tra due ali di folla sull’Ali’i Drive e poi spunta piccolo piccolo in fondo dall’inquadratura della telecamera fissa della finish line.

Sebastian Kienle, YOU are an IRONMAN CHAMPION!

E così dopo i due titoli iridati di Ironman 70.3 arriva anche il terzo, sulla distanza regina: voleva vincere e ha vinto, chapeau! La corona e la collana d’alloro non saranno proprio una chiccheria da vedere, ma indossarli credo dia la sensazione a Seby di essere diventato Tony Stark in versione Iron Man, Marvel edtion.

Al secondo posto arriva il sorpresone di giornata, lo statunitense Ben Hoffman: a fari spenti è arrivato lassù, un po’ come successe al nostro Daniel quando vinse l’argento ai Mondiali Ironman 70.3 di Clearwater nel 2009. Un po’ come avremmo voluto capitasse a Daniel in questa occasione…

Il podio si completa con Frodissimo, che chiude con una maratona corsa nel secondo miglior split di giornata, in 2:47:46. Con i sé e con i ma non si vince un Ironman Hawaii, però è matematica il fatto che senza foratura e penalty…

Un minuto dopo, è il turno del “nuotatore forte che non corre”, Andy Potts, secondo statunitense e medaglia di legno con un pizzico di amarezza, mista alla gioia per la comunque grandiosa prova offerta.

Esplosioni di gioia ed esplosioni drammatiche di disperazione sportiva si susseguono e si alternano sui visi dei finisher. Di vincitori ce ne può essere soltanto uno. La durezza dell’Ironman Hawaii la cogliamo nello sguardo del campione in carica, Frederik Van Lierde: a un certo punto della maratona ci aveva anche creduto, avrebbe dovuto correre in 2 ore e 46 per rivincere, ma ci ha impiegato dieci minuti in più ed ha chiuso con un anonimo 8° posto, appena davanti al connazionale Aernouts.

Incredibile invece la corsa di Ivan Rana: lo spagnolo è stato il più veloce a piedi, 2:44:38 il suo crono finale, che però gli è valsa solo la 17^ posizione… Il “black out” in sella l’ha pagato caro, quei 37 minuti in più di Kienle erano una condanna già scritta in T2, ma Ivan ha dimostrato ugualmente di essere un campione. E sono certo che lo dimostrerà anche a Kona.

Malissimo la pattuglia australiana: nessuno nella top ten, Craig Alexander solo 13° con una maratona soffertissima, il vice campione del mondo Luke McKenzie arriva addirittura due posizioni e due minuti dopo.

Per fortuna che c’è Rinny!

La gioia di Mirinda Carfrae ora sotto l’arco del traguardo è incontenibile, chissà se in cuor suo l’aussie ci credeva davvero quando in T2 aveva quella marea di secondi da limare.

Carfrae trionfa a braccia levate per la terza volta a Kona ed entra nella leggenda: ora c’è anche lei insieme alle icone del nostro sport, Paula Newby-Fraser (8 successi), Natascha Badmann (6 successi e 24^ al traguardo a 47 anni!) e Chrissie Wellington (4 successi).

Due minuti di trionfo da “sola-Soletta” ed ecco che, proprio da Soletta (scusate!), arriva la ventisettenne svizzera Ryf, allenata da due che se ne intendono un pochino, due leggende viventi della storia hawaiana, ovvero Chrissie Wellington e Brett Sutton. Daniela avrà da lavorare a piedi se vuole arrivare lassù (ha preso quasi 17′ dalla neo iridata), ma ha dimostrato anche a Kona che razza di talento ha a disposizione.

Solida e di qualità la prova anche per la brit Rachel Joyce, che precede la connazionale Jodie Swallow. Caroline “Xena” Steffen è solo quinta: la guerriera svizzera dai lineamenti vichinghi e ormai australiana di adozione è stata “bravina” in tutte e tre le discipline, ma qui occorre essere eccellenti. Profondo rosso per l’altra britannica, già iridata, Leanda Cave che sventola bandiera bianca già in bici e sprofonda definitivamente nella maratona, chiudendo 18^ in 9 e 36.

Ed eccoci ai nostri azzurri

Sono 15 (non solo 3!) splendidi #ITAFinisher Kona che vogliamo celebrare con pieno merito perché capaci di guadagnarsi sul campo la loro medaglia.

Enzo Bergamo è il più veloce, alla sua prima all’Ironman Hawaii fa una gara solida e sempre ad alti livelli (ecco il suo arrivo), 1’33” sopra le 9 e mezza.

Secondo azzurro è Simone Forlani, che centra il suo personalissimo poker chiudendo in 9:37:31 e facendo segnare il miglior parziale bike di tutti gli italiani.

Conclude nonostante la giornata tremenda per lui, il capitano, Daniel Fontana: onore al merito degli sconfitti, Daniel ha affrontato la sua giornata di tempesta e ha comunque portato la barca in porto.

Segue l’esordiente e sorridente Emanuele Ciotti, quindi Claudio Oriana, alla seconda partecipazione a distanza di 14 anni dalla prima, nel 2000. E subito dopo Alex Zanardi (il suo arrivo).

Ci racconterà poi che non aveva mai provato delle emozioni così forti e intense, in particolare nel delirio di folla e tifo degli ultimi 300 metri; e lui qualche esperienza sportiva qui e là l’ha portata a casa… Importante avere un campione del genere che può testimoniare cosa significa essere finisher dell’Ironman Hawaii.

TELEFONATA DI ALEX A DEEJAY TRAINING CENTER

Altri due esordienti, Fabian Bertoncello e Luca Cozza (il più giovane della compagnia) hanno preceduto invece il nuovo primatista italiano di Ironman Hawaii portati a termine: Mauro Ciarrocchi (finisher due settimane prima all’Elbman!) è salito a quota sei, andando a raggiungere Alberto Fazi, Gianluigi Maserati, Klaus Runer.

Matteo Andreis, anche lui esordiente, arriva cinque minuti dopo, quindi è il turno di Louis Moschetta (presumibilmente un italo americano).

Applausi convinti anche per la nostra ironwoman, Michela Menegon, unica azzurra al via, che conclude cinque minuti dopo le 11 ore.

Werner Huber taglia il traguardo del suo secondo Ironman Hawaii, lo spaziale Luca Parmitano conclude stanco e soddisfatto il suo primo indimenticabile Ironman Hawaii.

E, infine, il sogno faticosamente e caparbiamente realizzato da Doc Mauro Mazzaferro: arrivato a Kona grazie a Legacy, si è conquistato la sua finish line in 16 ore e 12 minuti. Bravo Doc!

Purtroppo non è riuscito nell’impresa Daniele Pagani, anche lui volato a Big Island per la sua “fedeltà”, e poi in gara coinvolto in un incidente che gli ha impedito di terminare la sua prova, ma da ironman caparbio saprà centrare il prossimo obiettivo.

E al ritiro è stato costretto anche Edoardo Bernaschi, per problemi fisici, ma sicuramente l’istrionico triatleta romano cercherà già nel 2015 di centrare il poker di medaglie da finisher qui a Kona.

Mi appisolo per un altro paio d’ore, anzi per dirla in maniera chiara crollo proprio di schianto… E mi risveglio però sentendo musica e una gran festa, che succede?

Sul tabellone del crono leggo che siamo arrivati a più di 16 ore, siamo all’ultima ora di festa della finish line e sembra che gli spettatori scatenati e aizzati dal vulcanico Reilly stiano aspettando il primo al traguardo!

I triatleti che arrivano uno dopo l’altro sono quasi increduli, mi ritrovo anche io inondato dall’emozione di questi coraggiosi finisher.

Arriva la diciassettesima ora e la fine di questa bellissima nottata dedicata all’Ironman Hawaii. Negli occhi le immagini di una gara magica che anche quest’anno ha offerto uno spettacolo unico.

L’anno prossimo me la gusterò lì, da bordo strada: voglio respirare e riempirmi per bene i polmoni dell’aria di Kona; voglio sentire l’effetto che fa vivere sulla propria pelle l’Ironman Hawaii World Championship; e voglio raccontarlo e farlo conoscere a tutti quelli che amano lo sport. E anche a chi preferisce ancora solo guardarlo dal divano.

Partito il conto alla rovescia, Road To Kona 2015!

Dario ‘daddo’ Nardone

Daddo pronto in postazione, da Kona a casa con l’Ironman Hawaii!

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