Alberto Ceriani e Stefano Sambati sono tra i finisher del primo Ironman Italy Emilia Romagna, corso a Cervia (RA) il 23 settembre 2017.
Alberto, non vedente, e Stefano, la sua guida, raccontano la loro gara: i momenti più o meno difficili, ma soprattutto la grinta, il procedere comunque vada verso l’ambitissimo traguardo e il nuovo personale: 12:34:45.
La “parola” a Stefano “Ironsappa”.
Gareggio come guida ad Alberto Ceriani. Da qualche anno abbiamo iniziato a fare sport insieme. Il tutto è nato da una telefonata, che ha fatto nascere una grande amicizia.
Il giovedì precedente l’Ironman Italy Emilia Romagna non sapevamo se avremmo corso, a causa di alcuni problemi famigliari che purtroppo hanno colpito Alberto. Così, venerdì, quando ci siamo ritrovati in auto, direzione Cervia, non mi sembrava vero: lui non c’era con la testa, la preparazione, durata mesi, si stava sgretolando e sapevo che, come guida, avrei dovuto trovare le parole giuste. Non so se le ho trovate, ma la motivazione, a un certo punto, è tornata e…
SI PARTE!
L’organizzazione ci ha riservato, all’interno della zona cambio, un posto molto grande, proprio alla fine delle rastrelliere, dove i PRO metteranno le bici. Che onore stare di fianco a persone che chiudono le gare appena sopra le 8 ore!
Il via è fissato per le 7:30, si parte con il rolling start, cosa nuova per entrambi. È molto utile per evitare quella tonnara che si crea solitamente. Abbiamo deciso di entrare nella griglia del tempo tra 1:20 e 1:30, ma anche se molto avanti non si partirà prima delle 8:10.
Una volta in acqua inizio a mulinare con braccia e gambe, Alberto, dietro di me, fa lo stesso, trainato dalla corda che gli dà la direzione. Percepisco subito che abbiamo una buona intesa, la nuotata è fluida, questo però dura solo un chilometro, perché mi sento tirare… Due strappi… Segno che ci sono problemi. Penso: i problemi famigliari hanno vinto sulla testa del mio socio. Mi fermo, vado verso di lui e chiedo cosa c’è. Lui mi risponde che un co… gli ha slacciato la cintura che ci unisce. Ripartiamo, ma non riesco più a riprendere la fluidità precedente, concludiamo la distanza con un ottimo tempo: 1:20. E via a tutta verso il tandem!
I 180K SUI PEDALI
Passiamo prima a prendere la sacca blu contenente il necessario per la frazione bike. Ci liberiamo della muta e Alberto decide, come me, di partire in body. Questo ci fa abbassare di molto il tempo di transizione. Saliti in sella, l’adrenalina è tantissima e ci troviamo a 37K orari, lui mi chiede di impostare un ritmo tra i 30 e i 31, obbedisco. Iniziamo a scalare chilometri sino a che il contachilometri non segna 184 e giù dal tandem per transitare nuovamente in zona cambio.
QUEL TRAGUARDO E IL NUOVO PERSONALE
Anche la T2 è velocissima, ora sono “solo” 42,2K che ci dividono dal traguardo. Impostiamo un passo da 5:40, ma dopo pochi chilometri lo alziamo a 6’ al km. Si va bene sino al 12° K, dove mi sento svenire, ho mal di stomaco e mal di pancia. Entro nel bagno chimico, perdo parecchi minuti. Alberto suggerisce di ritirarci. “Mai” mi dico mentalmente e butto giù un gel e un bicchiere di cola per far salire gli zuccheri. Funziona, riprendo a correre, anche se Alberto lamenta un dolore al ginocchio destro.
Corriamo, non con il passo voluto, ma con quello che le nostre forze ci consentono. Mi continuo a ripetere mentalmente che sono la guida e quindi devo svolgere il ruolo per cui mi sono proposto. Tiro ancora più forte di Ektor, il suo cane guida, mi sento il braccio e la spalla destra che si staccano, ma non voglio mollare. Dalle ombre e dalla rumorosità dei suoi passi sento che sta facendo fatica, ma mi segue, si fida totalmente di me. Il terreno non è neanche nostro alleato, a causa delle numerose gobbe che presenta l’asfalto. Cerco di segnalarle al meglio, ma i continui cambi di direzione e la parte sterrata in pineta rendono tutto ancora più duro.
Al terzo dei quattro giri previsti Alberto mi chiede di dirigermi al traguardo, non riesce più a lottare. “NO”. Cerco il sostegno dal pubblico e questo risponde a pieno: sono solo 11K che dobbiamo fare, ma lui non ne ha più. Continuo a parlare, devo portarlo al traguardo sotto le 12:38, perché quello è il nostro miglior tempo (Challenge Venice). Glielo ripeto e gli ricordo cosa manca; noi ci vediamo, noi sappiamo come riprodurre I passaggi, lui no. Allora gli descrivo passo per passo i punti mancanti: lui vuole camminare, vuole fermarsi in un bar a telefonare a casa e lo tiro a più non posso.
Sorpassando le persone che camminano, trovo sempre più forza nelle gambe, il gps si è spento, quindi non ho riferimento cronometrico, ma so che ce la possiamo fare. Troviamo compromessi sui tratti da camminare, ma da quando siamo sul lungomare lo porto ad aumentare. Ormai la voce di Dario “Daddo” Nardone, uno degli speaker ufficiali, è sempre più forte.
Superiamo atleti e ci infiliamo tra le transenne che ci portano al traguardo, ma qui Dario ci ferma. Pensiamo che sia finita e invece no: qualche decina di metri ci separano dalla finish line. Torno indietro, prendo Alberto sotto braccio e lo porto alla fine, fermando il cronometro a 12:34:45 segnando il suo best time in una competizione ironman. Felicissimi entrambi del nostro successo.
LE CLASSIFICHE
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