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Road to Kona 2018 | Il ritorno di Tim Don

L'inglese Tim Don torna al via dell'Ironman Hawaii World Championship dopo un anno fatto di riabilitazione e... grinta ricominciato, nel triathlon, all'Ironman Hamburg a fine luglio (Foto ©Getty Images for Ironman)

Tim Don sarà uno dei protagonisti dell’Ironman Hawaii World Championship 2018. A prescindere da quale posto occuperà nella classifica finale.

Un anno fa, proprio sulle strade di Kona, alla vigilia della gara, fu vittima di un incidente durante un allenamento in bicicletta, che non solo non gli permise di schierarsi al via, ma lo tenne “bloccato” per diversi mesi mesi.

Tim Don è l’ironman più veloce. Nessuno è riuscito a fare meglio del suo 07:40:23 all’Ironman Brazil nel 2017. Ma è anche l’ironman “miracolato”. Il merito, in questo caso, è da dividere equamente tra la dea bendata e il campione britannico.

Fatto sta che, sabato 13 ottobre 2018, Don sarà al via dell’Ironman Hawaii World Championship. Cosa che lo scorso anno non gli riuscì, a causa di un incidente durante l’ultimo allenamento in bicicletta, quando fu investito da un’auto. Incidente che gli procurò la frattura della vertebra C2 del collo con gravi conseguenze non soltanto sulla sua partecipazione alla gara e sul proseguo della sua carriera agonistica, ma anche e soprattutto sulla sua salute.

TIM DON HA DETTO: HALO… A! 

Durante i giorni e le settimane successive, Don dovette decidere se subire un’operazione al collo, ipotesi che avrebbe sancito la fine della sua carriera agonistica, o sopportare una cura sicuramente più dolorosa, ma senza conseguenze estreme. Alla fine optò per la seconda soluzione, ovvero per l'”halo“, un tutore che avrebbe impedito al collo e alla colonna vertebrale di muoversi mentre la ferita sarebbe guarita. Una sorta di aureola, che girava intorno alla testa ed era fissata al cranio da quattro viti in titanio. Attraverso dei tubi era poi collegata a un gilet rigido da indossare sotto i vestiti.

Per quattro mesi l’extraterreste Tim non potè sdraiarsi e dovette fare affidamento sulla moglie Kelly per svolgere anche i compiti più basilari, come vestirsi, fare la doccia e farsi la barba. Per gestire il dolore fu inoltre necessaria una dose massiccia di antidolorifici.

Con il fisioterapista John Dennis di PhysioHaüs a Newcastle, nel Regno Unito, ha quindi sviluppato un piano di riabilitazione e dato che la sua parte superiore del corpo era off limits, i due hanno lavorato su quella inferiore così da ritrovare mobilità, forza e stabilità.


L'americano Tim Don è stato costretto a indossare l'"halo" per ben 4 mesi

L’americano Tim Don è stato costretto a indossare l'”halo” per ben 4 mesi.


IL PIANO “ZERO”, LA MARATONA DI BOSTON E…

Lo “Zero” sta per nuovo inizio. Tim aveva perso così tanta massa muscolare che dovette ricominciare dall’abc dell’allenamento. Iniziò con corse facili sull’AlterG, un tapis roulant antigravitazionale usato per la riabilitazione, prima di tornare sul tapis roulant e infine sulle strade outdoor. Per proteggersi il collo, per circa un mese dalla “liberazione” dall’halo, indossò un morbido collare.

La riabilitazione e l’allenamento sono stati un successo. Appena sei mesi dopo il suo incidente quasi fatale, il 17 aprile, Don ha terminato la maratona di Boston in 2:49:42.

A fine luglio è arrivato anche il nuovo debutto in un Ironman, ad Amburgo, una gara (trasformata in un duathlon) che Don ha chiuso in in 9^ posizione con il tempo di 7:40:59.

LA STORIA DI DON DIVENTA UN FILM

Il viaggio andata-ritorno di Tim Don è diventato un documentario di 30 minuti. Il titolo è “The Man with the Halo“, la regia di Andrew Hinton.


ROAD TO KONA 2018

Sabato 13 ottobre, Don sarà di nuovo alla partenza dell’Ironman Hawaii World Championship. Attraverso i suoi profili social fa sapere che si è allenato in modo perfetto e che si sente fisicamente pronto ad affrontare questa sfida, ma che è il suo atteggiamento mentale la chiave di tutto:

«Quando esci da un periodo difficile come quello che ho vissuto io, sei un po’ più forte di prima. Sicuramente molte cose nella mia vita sono cambiate. Ciò che è rimasta identica è la mia voglia di competere ai massimi livelli».


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