Per la rubrica Storie di Triathlon, l’epico racconto di Fabrizio Ghilardi, del Valdigne Triathlon, che è andato dall’altra parte del mondo per conquistare la finish line di una delle gare più incredibili… Il Patagonman Xtreme Triathlon!

Sostieni il tuo Mondo Triathlon!
Clicca sul pulsante e sostieni
il sito che ogni giorno parla dello sport che ami

Il 4 dicembre 2022 ho partecipato al Patagonman Xtreme Triathlon, organizzato nel mezzo della Patagonia cilena, all’inizio del Campo Hielo Continental Norte, la zona di ghiaccio più estesa al mondo a parte i due poli.

Ero stato da backpackers in questa zona nel 1998, ma non ricordavo quanto lontana ed isolata fosse…

Le lunghe attese mi rendono nervoso, quindi sono arrivato tre giorni prima della gara, giusto per smaltire il viaggio, il fuso orario in questo caso giocava a mio vantaggio visto che negli Extreme ci si sveglia alle 2 della mattina.

Puerto Chacabuco, il paesino di poche anime, con case di legno che sembra cartone, era lo starting point.

Ha piovuto il primo giorno, di notte pioveva di più, il secondo ed il terzo. Insieme alla pioggia, un vento incessante e nubi basse, temperatura massima di 12 gradi.

In una piccola pausa sono uscito a provare la bici indossando i pantaloni da gara, quelli della nazionale argentina di bici da strada, visto che ho vissuto 20 anni in Argentina e li ho ancora il mio lavoro.

Una delle poche auto incrociate, superandomi da dietro mi ha quasi sfiorato a proposito, visto la rivalità che esiste tra Cile e Argentina. Ho pensato quindi che per la gara sarei stato più tranquillo indossando il body del mio club, il Valdigne Triathlon!

La prova bici è stata utile.

La gestione dei giorni pre gara è per me più difficile della gara, dove quasi sempre so che cosa devo fare.

Il nuoto in mare con temperatura dell’acqua di circa 11 gradi, di notte, è sempre la paura più grande da vincere…

Il clima della Patagonia, l’impossibilità non solo di vedere il sole ed i colori della terra, ma di uscire con lo sguardo dalla cappa di nubi basse, ha reso ancora più tesi questi momenti.

Pensavo alle onde del fiordo, al freddo in faccia, al vento ed alla pioggia

Gli Extreme per me rappresentano delle sfide in una sfida più grande.

La notte prima della gara, dormo però bene e seguendo la routine che mi sono costruito, arrivo alla partenza alle 3 del mattino: ci sono 6 gradi, pioviggina, vento forte.

Alle 4 ci imbarchiamo tutti, 149 partecipanti, sul ferry che ci porterà in mezzo al fiordo per la sessione di 3.8 km di nuoto.

Abbiamo tutti muta, guanti, cap, e stivaletti.

Rimaniamo sul ferry per più di un’ora, le condizioni del mare non permettono di nuotare in sicurezza e così aspettiamo.

Mi ritrovo insieme ad una decina di atleti, tra cui un paio di professionisti, a cercare riparo in una stanzetta motori, tutti pigiati, tra freddo, paura dell’incertezza e qualche sorriso per l’assurdità della situazione.

Affianco a me un giapponese trema senza sosta…

Alle 5:20 si parte finalmente! La sessione di nuoto sarà di solo 2 km, con vento a favore.

Un salto e giù nell’acqua del fiordo, ma non fa più paura. Ho tutto chiaro. Uno sprint di 25 minuti sino al T1. Il freddo in faccia è quasi bello, sono in controllo, vamos!

Il Patagonman sarebbe un iron distance duro, come quello di Saint George in Utah o sullo stile di quello di Lanzarote….

Diventa un Extreme per le condizioni meteo, per le strade della Patagonia, per la solitudine.

La sessione bike è di 177 km e 2.600 metri di dislivello, corro con una TT un po’ vecchiotta, ma in ordine, la Cervelo P3.

I primi 60 km sotto la pioggia sono quasi piatti, poi in 90 km tutta la salita, fatta di lunghi strappi e discese, infine gli ultimi 25 km di discesa.

Il vento ha soffiato costantemente a 40 km/h per lo più di traverso, con raffiche violente che una volta in particolare mi hanno quasi buttato per terra.

In più quattro pezzi di sterrato con pietre lunghe qualche centinaio di metri e il pavé di cemento patagonico per condire…

Forse per il viaggio o per aver fatto poco stretching l’ultima settimana, ho avuto tanto mal di schiena.

Arrivato in T2 ancora in controllo, non stanco, nulla a che vedere con la sessione bici dell’Icon fatta tre mesi prima!

Parto per il trail di 42 km e 1.400 metri dislivello…

Siamo sotto il Cerro Castillo, si apre il cielo, e nei primi km si corre tra verdi campi, montagne ricoperte di ghiacciai, piccoli alberi e…

Acqua, acqua ovunque, torrenti e fiumi giganteschi, sembrano una caricatura dei nostri, ormai quasi asciutti.

È fluida potenza, come quella però incessante del vento che appena terminato un single track di 8 km in salita, ritorna a martellarti in faccia. Mancano ancora 30 km…

Corro quasi sempre meno le rampe in salita, ci sono ristori ogni 10 km, con acqua e Gatorade, mi costruisco quindi tre blocchi mentali di 10 km da gestire, che mi portano al trentesimo dove c’è il punto di ritrovo con l’assistenza.

Poi in una discesa, arrivando di fronte ad un salto d’acqua devastante, per la portata, il rumore, gli spruzzi, il vento è così forte da respingerti.

Sono solo, avanzo camminando a testa bassa, il vento ancora, come un’enorme mano che ti preme in faccia per rimandarti indietro.

Ben Hoffman il vincitore, ha raccontato di essere sceso a tratti camminando al contrario!

Poi scatta qualcosa, la magia che conosce chi fa questo sport, e riprendi a correre, con le scarpe che fanno male, una strada pietrosa, le gambe pesanti, ma corri.

Io so che è il momento in cui la mente prende possesso di tutto e si entra in un altro mondo: è così quando scali in condizioni estreme, è così dopo 12 ore di Extreme!

Guardo l’orologio, ho passato i 42, ma la fine non si vede… Ed allora scatta anche la rabbia contro chi ha spostato l’arrivo, contro il vento che ancora mi affronta…

Alla fine sono 44 km, ultimo km chiuso a 4:50 e finalmente suono la campana del Patagonman che quasi vorrei spaccare.

Mi danno la medaglia, mi trovo da solo, per un’attimo ho un pianto di gioia misto a rabbia, mi sono sentito mortificato dal vento, stringo i pugni, avrei voglia di spaccargli la faccia!

È stato come se il vento non fosse più un elemento naturale, ma una forza umana che voleva fermarmi.

Poi arriva la birra e gli abbracci con chi mi ha aiutato in questi giorni…

Un Ironman e due Extreme in sette mesi… Sono andato a dormire pensando alla prossima sfida!

Fabrizio Ghilardi, 55 anni, triatleta dal 2019
Risultato Patagonman: 51° su 149; 42° su 126 uomini

PAGINA PATAGONMAN

Sostieni il tuo Mondo Triathlon!
Clicca sul pulsante e sostieni
il sito che ogni giorno parla dello sport che ami